Il lungo porticato che congiunge la città alla lontana chiesa della Madonna del popolo o di S. Maria in Aula Regia è l'ultima delle grandi costruzioni realizzate nella prima metà del Seicento. Essa conclude la stagione che ha fissato definitivamente la "forma urbis" di Comacchio.
Realizzato tra la fine del 1647 e la primavera successiva è una "strada coperta da un lungo ordine di portici che difendono i passeggeri dalla Tramontana". L'estremità occidentale dell'abitato, ove si trova il santuario dei Cappuccini, era infatti un luogo isolato, totalmente aperto alle valli, privo di abitato, impraticabile d'estate per il caldo e d'inverno per i freddi venti. Si tratta di uno spettacolare intervento urbanistico che ha raddoppiato visivamente l'estensione della città, con un effetto accentuato dal riflesso sull'acqua dei canali.
Viene edificato per volere del cardinale Giovanni Stefano Donghi come ringraziamento alla Vergine per aver frenato le acque del Po di Primaro che minacciavano la rovina della Città. Un susseguirsi di 142 archi accompagna le preghiere e i passi dei fedeli verso il lontano santuario che ospita l'immagine taumaturgica della Madonna del popolo.
Alla fine del porticato, nel fianco destro della facciata della chiesa, è stata affissa una lapide a rendimento di grazie e a ricordo di questa realizzazione. Essa è opera secentesca del concittadino Cesare Mezzogori, allievo dei Carracci, pittore e scultore di una certa fama.
Maria viene rappresentata in preghiera e seduta su un arcobaleno (Sanctissima Iris) come segno di alleanza eterna tra Dio e la terra. Come l'arcobaleno che si vede dopo una tempesta, l'opera segna la fine di un pericolo e la speranza di un nuovo domani. Rifatto più volte, il loggiato ha conservato in parte la sua originale impronta architettonica. Negli anni Cinquanta del Novecento, l'armonica corsa delle arcate è stata spezzata dall'erezione di due 'archi di trionfo' realizzati per consentire al traffico su due ruote l'ingresso negli opifici eretti nelle aree retrostanti (il vecchio mulino e la sede dell'Azienda Valli), accesso costato il sacrificio di quattro volte, due per ciascun passaggio.